La Juventus 2021/2022 al momento non sta suscitando il normale interesse delle passate stagioni. Parlo soprattutto dei tifosi, che sembrano più freddi, distaccati e a tratti disinteressati. Non si percepisce più il trasporto, la passione, la dedizione di tempo ed energie fino anche a quell’indignazione che solo chi ama riesce a provare. In effetti non c’è un termometro per misurare la temperatura in questa situazione, ma del mio lavoro di creator quotidiano fa parte anche la lettura di commenti e post social, il monitoraggio delle interazioni e della qualità delle reazioni degli utenti. E in questi primi mesi di stagione, inutile prenderci in giro, i numeri sono più bassi. O almeno è così da una parte. È come con l’astensionismo nelle elezioni: c’è chi vince e c’è chi perde, ma il totale non fa quasi mai la maggioranza di chi poteva esprimersi, visto che circa la metà decide puntualmente di non esprimersi, restando in silenzio. Con la Juventus oggi è così: ci sono quelli che sono contenti di Allegri e quelli che sono critici, ma è un confronto inutile perché sono in tanti, troppi, quelli che hanno deciso di non farsi più sentire. Perché erano stanchi della solita storia? Può darsi, e non li biasimo. Comunque la si pensi, fino a questo momento la Juventus di Allegri non ha prodotto nemmeno una singola partita godibile e divertente nel vero senso della parola, perché il godimento per un 1-0 come quello col Chelsea è altra cosa rispetto al piacere di uno spettacolo sportivo. E questo conta, influisce molto. La gente è stanca e pensa “perché devo perdere tempo a guardare partite che non mi divertono, che non hanno grandi contenuti tattici e che non mi ispirano la speranza di una crescita, per poi dovermi anche confrontare su questa scarsità di contenuti con persone estasiate da tutto ciò, che non accettano realmente il confronto e il dibattito?”. Meglio fare altro, meglio aspettare il novantesimo e guardare solo il risultato finale. Tanto non è che ci si perda molto. E se fin qui si può pensare che questa sia solo una mia sensazione, soggettiva e infondata, guardando al tema della generazione Z e dei giovani che dovrebbero diventare i clienti del futuro (tema molto caldo ad Andrea Agnelli) davvero non si capisce perché questi ragazzi dovrebbero preferire gli 1-0 della Juventus di Allegri ai 5-0 a fine primo tempo del Bayern Monaco di Nagelsmann (ammesso che questa generazione abbia gli strumenti mentali, come la pazienza, per restare a guardare una partita intera per 90 minuti). E allora c’è da chiedersi (ma dubito che qualcuno voglia veramente farlo) dove stiamo andando, che futuro c’è davanti, a cosa porterà questo percorso. Se sono stanchi persino quelli che ci hanno sempre messo interesse, passione e dedizione, abituati a guardar giocare la Juventus anno dopo anno per un amore vero e viscerale, come possono affezionarsi quelli che sono figli di una grammatica completamente diversa e cercano prevalentemente il divertimento immediato? Chi usa TikTok, per esempio, cosa può mai trovare di appassionante in una partita di calcio in cui la squadra che vince passa gran parte del tempo a non toccare palla e a difendersi nella propria metà campo? Lungi da me porre l’utenza media di TikTok a paradigma di ciò che bisognerebbe fare (fosse per me, TikTok non esisterebbe), ma non sono io quello a cui interessa il coinvolgimento nel calcio del pubblico dei giovanissimi: è Andrea Agnelli, lo stesso che ha preso la decisione autoritaria di restaurare il suo amico Massimiliano Allegri sulla panchina di una squadra che dovrebbe essere un’azienda, non un’associazione di persone che condividono il tempo libero. E allora, se neppure al presidente sembra interessare più di tanto dar seguito alle intenzioni ed essere coerente con gli obiettivi posti, perché mai dovrebbe trovare interesse in questa Juve il pubblico dei delusi, degli emarginati e di quelli che sono stati ignorati? #AllegriIN, ha fatto scrivere Agnelli su tutti i social bianconeri per annunciare il ritorno di Max, come lo scalpo di una vittoria personale sui tifosi, altro che presidente di tutti. Con questo malcelato desiderio di rivalsa, con questo scherno postumo, come può pretendersi che gli “sconfitti” continuino a giocare? E allora eccoli lì, distanti, freddi, disinteressati, delusi. Gioca la Juve? “Sì, ma non provo più entusiasmo”. Ci sono i video, le analisi e i commenti post partita? “Sì, ma diranno sempre le stesse cose: corto muso, gioca male, colpa di Agnelli,…”. Se ci pensate, tutto questo non è altro che la logica e naturale conseguenza della prevaricazione di Agnelli, materializzatasi proprio con quell’hashtag di derisione (avete mai visto un presidente di calcio che sfotte i suoi tifosi?). Come tutte le prevaricazioni attuate dal potente su una minoranza, d’altra parte. Non ho diritto di parola? Allora non parlo, o meglio, abbandono il dibattito. Mi sottraggo alla logica del sì e del no, della ragione e del torto. Non mi esprimo, mi emargino, mi metto da parte. Continuate pure voi, se vi piace. Contenti voi… Contento lui…
Parole sante. Ormai, come dicevo in chat, il grado di attenzione e la soglia di interesse delle nuove generazioni e tristemente, non solo di quelle, è pari a quella di un moscerino rintronato dopo essersi spiaccicato su un parabrezza. Non c’è voglia di “accendere il cervello” e cercare di capire, di andare in profondità delle cose. Infatti Agnelli, che giustamente ha a cuore i suoi interessi, parla anche degli e-sports(contraddizione in termini più grande non potrebbe esserci), come di una risorsa; quando sono state proprio queste forme di “svago” alternative a sottrarre materiale umano al calcio giocato e di conseguenza a tutti gli altri sport. Questa situazione ha portato alla crisi nera del movimento italiano. Che c’è, malgrado qualcuno si sia divertito a negarne l’esistenza, ormai decennale e più, facendosi forte della conquista del titolo europeo ottenuta da Mancini ed i suoi uomini. A queste persone non interessa dello stato del calcio. Del suo futuro. Della sua salute e del suo benessere. Non gli interessa la perdita di vocazione. Gli interessa il profitto. È così in tutti i settori. Noi e tu, nel tuo ambito, stai facendo un lavoro di divulgazione enorme e del quale ti andrebbe riconosciuto un merito assoluto; possiamo solo continuare a parlare e lavorare di e nel calcio come abbiamo sempre fatto. Certo il contorno non ci aiuta. Mi sono preso la briga di leggere le conferenze stampa dei vari allenatori in Italia e le domande attinenti al campo, alla partita, di natura tecnica, sono pochissime. Quelle concernenti la tattica poi, sono mosche rarissime e sempre inerenti al modulo. Perchè anche i giornalisti riflettono lo scarso interesse all’approfondimento che permea gran parte della società. Le domande sono sugli episodi arbitrali. Sulla formazione per sapere chi giocherà o perchè non ha giocato Tizio, tanto per alimentare polemica; su fattori esterni. Su liti. Su possibili esoneri. Sul risultato senza pensare a come ci si arriverà. Sul pubblico. Sul gossip. Una povertà infinita. Un deserto contenutistico disarmante. Questo è lo specchio del nostro movimento. Tu, amico, non farci caso e continua a lavorare. Siamo portatori del testimone di una staffetta. Forse non vedremo il nostro compagno in ultima frazione tagliare il traguardo a braccia alzate per la gioia di aver vinto, ma potremmo forse vedere che imboccherà il rettilineo finale con un buon vantaggio. Questo dobbiamo fare. Un abbraccio
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